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21 Luglio 2013

30 Luglio 2013 – Il Veneto verso il Referendum

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[…] Gli esperti che per alcuni mesi si sono confrontati su questi temi hanno prodotto elaborati che, nella sostanza, hanno preso atto di come il diritto internazionale sia profondamente mutato nel corso degli ultimi decenni e di come oggi il Veneto – se lo vorrà – potrà diventare indipendente.

Questo risultato si deve alla pazienza, all’intelligenza, alla capacità di dialogo e alla dottrina dei membri della Commissione. Hanno fatto un lavoro utile che non decide né in un senso né nell’altro, ma affida al Consiglio Regionale e quindi ai rappresentati dei cittadini veneti (com’è giusto che sia) l’onere e l’onore di compiere atti importanti: a tutela della popolazione che hanno il compito di amministrare.
Forse già il 30 luglio, quando si discuterà la proposta di legge che istituisce il referendum consultivo, sapremo se questi consiglieri saranno all’altezza dei problemi che devono affrontare.

(qui il testo della Relazione della Commissione di Giuristi)

(leggi tutto su Diritto di voto)

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16 Luglio 2013

Indipendenza del Veneto: innanzitutto una battaglia di libertà

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Qui sul BLOZ abbiamo già incontrato il prof. Carlo Lottieri (insieme al prof. Luca Antonini) nel corso di una intervista su Radio24 condotta da Oscar Giannino sui temi dell’indipendenza e del federalismo differenziato condotta. In questo video Lottieri parla dell’Indipendenza del Veneto con quei toni e contenuti che a me piacciono in modo particolare e che riflettono la forza del concetto supremo del Diritto di Voto! Chi è interessato si prenda il tempo di sentirselo per intero: vi sono parecchi ottimi spunti sui quali ragionare.

(via BLOZ)

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30 Giugno 2013

Veneto, il referendum non è una questione di partito

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di ROBERTO CIAMBETTI

“Tutte le questioni  sospese  all’interno di  ogni Paese  devono essere risolte con mezzi pacifici e attraverso il dialogo, rispettando la reale volontà delle persone coinvolte” Con queste parole Ban- Ki-moon, segretario generale dell’Onu rispose nello scorso aprile ai giornalisti che in Andorra gli chiedevano una dichiarazione sui referendum indipendentisti di Catalunya e Scozia: “Le nazioni Unite rispettano i processi di autodeterminazione”  rimarcò Bn-Ki-moon con chiarezza.

Per quanto riguarda la Scozia il referendum si terrà nel 2014, mentre in Catalunya il presidente Artur Mas  rispondendo alla stampa giovedì scorso  ha ribadito che cercherà di “esaurire tutti i meccanismi possibili” per raggiungere un accordo con il governo spagnolo per arrivare al referendum sull’indipendenza catalana  e formalizzerà la sua richiesta entro luglio: come in Italia anche in Spagna si cerca di bloccare il referendum sostenendo il principio costituzionale immodificabile dell’unità della nazione.

Ero presente di persona alle dichiarazioni in sala stampa del Palau de la Generalitat  e posso dire che Mas era sereno e per nulla preoccupato dalle defezioni dal fronte referendario di alcune forze politiche, Popolari fra i primi richiamati all’ordine dalla casa madre di Madrid.

Il ragionamento del Presidente catalano è chiaro: il referendum non è questione di partiti, è un diritto del cittadino e il principio di autodeterminazione prevale su quello dell’unità nazionale  Una vasta area dell’opinione pubblica catalana, trasversale alle forze politiche e interclassista  è dichiaratamente indipendentista ed è sinceramente stanca di Madrid.  Stanca, arrabbiata, ferita da una crisi economica che a Barcellona, morde, crea problemi sociali, che potrebbero essere affrontati  diversamente se solo  i catalani non fossero contribuenti netti dello stato spagnolo.

Xavier Trias, che proprio lunedì prossimo festeggerà il primo biennio da sindaco di Barcellona, mi ha confermato che i suoi cittadini hanno un residuo fiscale di circa 2.700 €: avreste dovuto vedere la sua espressione quando gli ho detto che in Veneto superiamo invece i 4 mila € pro-capite tra quanto versiamo all’erario e quanto la Pa spende nella nostra regione.

Sia veneti che catalani sono contribuenti netti, versano più di quanto ricevano e difficilmente i governi italiani e spagnoli perderanno tanto facilmente i loro principali finanziatori: quale pirata rinuncia alla sua Isola del tesoro?

Il problema del referendum, a Madrid come a Roma, non è una questione di diritto, ma di soldi, quelli che verrebbero meno alle casse statali dei due Paesi costringendoli a dover rivedere pesantemente le loro finanze e abbattere quell’architettura complessa di privilegi, perché, come spiegava bene Sergio Romano: “Esiste una nomenklatura politica, amministrativa, economica, sindacale, per cui l’Italia deve restare ‘una e indivisibile’. Per coloro che ne fanno parte non è soltanto una patria: è anche un grande collegio elettorale, un serbatoio di voti, un datore di lavoro, la ragione sociale del loro mestiere”.

Fino a quando il malgoverno potrà contare sui soldi delle Regioni virtuose né l’amministrazione centrale, né le aree malgovernate avranno alcun motivo per affrontare ogni riforma, ogni spending review, ogni taglio strutturale alla spesa.

Per difendere l’inefficienza e lo spreco ogni arma è buona: ci si appella alla Costituzione, ma non è per amore di diritto e di giustizia, né per intelligenza o cultura, bensì semplicemente per interesse anche se ciò rischia di portare l’intero paese alla rovina separandolo  dall’Europa per consegnarlo al sottosviluppo. E’ un rischio reale, perché le galline dalle uova d’oro possono anche morire di sfinimento.  Roma non difende la Costituzione, ma il portafoglio.  Il suo, s’intende.

Assessore Regione Veneto

(via L’Indipendenza)

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29 Giugno 2013

pacate riflessioni sul bisogno di indipendenza del Veneto

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17 Maggio 2013

ma è la conoscenza che rende indipendenti!

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[…] In un partito che dovrebbe avere come solo obiettivo l’indipendenza della Padania (vedesi Statuto), tutti gli sforzi dovrebbero essere dedicati a convincere la maggioranza dei padani a volere l’indipendenza e il solo modo civile, pacifico e democratico è di conquistarne il consenso attraverso l’informazione e il ragionamento. Per farlo bisogna produrre dati, notizie, numeri, statistiche e strumenti di discussione e conversione: bisogna ri-raccontare la storia, svelare porcate e menzogne, diffondere dati economici, cifre dello sfruttamento, raccogliere archivi di dati che servano a combattere la battaglia, che siano fabbriche di munizioni per la guerra di liberazione. Bisogna fare cultura e informazione. Bisogna che ci siano uomini che vi si dedicano con impegno, e chi può farlo meglio di gente che riceve ricchi stipendi per darsi a tempo pieno alla comune battaglia? E invece nessuno di questi pisquani ha mai fatto niente del genere perché nessuno glielo ha mai chiesto e perché gran parte di loro è stata scelta non già per preclare virtù intellettuali, ma  sulla base dell’abilità di far scivolare ben salivate slinguazzate sulle terga del potente di turno. I più intraprendenti hanno fatto di più nell’impegno  di tessuti mucosi.

(leggi tutto su l‘Indipendenza – G. Oneto)

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2 Aprile 2013

la dottrina indipendentista

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[…] Gianfranco Miglio affermava che “con il consenso della gente si può fare di tutto, cambiare il governo, sostituire la bandiera, unirsi a un altro paese, formarne uno nuovo”. Tale concetto è stato applicato in Scozia dove il 18/09/2014 il Popolo Scozzese, mediante referendum, potrà liberamente esprimersi per l’indipendenza, mentre la Catalunya ha approvato una dichiarazione di sovranità con l’obiettivo di poter effettuare al più presto, come in Scozia, il referendum popolare. Se il concetto di Gianfranco Miglio, sopra riportato, ha trovato applicazione in Stati stranieri, significa che non è impossibile trovare una soluzione affinché lo stesso venga recepito dagli organi competenti anche in Lombardia e Veneto che, con coesione d’intenti, si facciano promotori della necessità che i Popoli Lombardo e Veneto possano LIBERAMENTE esprimersi sull’indipendenza delle due Regioni o se rimanere nell’attuale situazione di asservimento. Per approfondire si possono scaricare i numeri 3/4/5/7/8 a questo link http://www.laliberacompagnia.org/QP.php

(leggi tutto su Diritto di voto – Stefano Crippa)

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18 Ottobre 2012

Intervista a Sandri: “Al referendum voterei per l’indipendenza”

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di CARLO MELINA

Lasciata la Lega, dopo anni di militanza e di servizio in Regione, già assessore alla Sanità, Sandro Sandri sta raccogliendo le 14 firme (più la sua), necessarie per indire un Consiglio regionale straordinario. Un Consiglio in cui si discuta, e si voti, una risoluzione sull’eventuale indizione di un referendum sull’indipendenza del Veneto. Raggiunto al telefono, ha risposto alle nostre domande.

Quando e come è nato il suo interessamento per la risoluzione pro referendum? C’è un legame fra l’abbandono del gruppo consiliare leghista e la battaglia che ha intrapreso?
Nessun legame. La questione è semplice: io sono stato e sono ancora un federalista convinto. Negli ultimi anni, 15 per essere chiaro, ho sempre collaborato con la Lega, da cui sono uscito per questioni di carattere personale e non politico. Semplicemente le due cose si sono accavallate. A dire la verità, ho appreso della questione referendum sui giornali, ho visto che erano state raccolte alcune migliaia di firme e che queste firme erano state portate prima a Zaia, poi a Ruffato… e non mi è andata bene. Detto chiaramente: non ho trovato corretto che un tema così importante fosse stato derubricato passando attraverso l’avvocatura regionale, senza il parere di chi è stato eletto dal popolo e col popolo, molto più dei parlamentarti, che sono praticamente nominati, ha un vincolo elettorale molto stretto. Da lì ho pensato che sarebbe stato opportuno che anche la Lega stessa non si lasciasse scappare l’occasione di discutere e votare una mozione su questo e ho presentato questa mia perplessità durante l’ultima riunione di gruppo consiliare a cui ho partecipato, prima di restituire la tessera del partito. Successivamente ho mandato una e-mail a tutti consiglieri, chiedendo delle firme. Ne bastano 15 per l’indizione di un Consiglio straordinario.

Nessun legame diretto con uno specifico movimento indipendentista?
No. Provo molta simpatia nei confronti di quasi tutta la galassia indipendentista, anche se, purtroppo, è composta di troppi gruppi, piuttosto litigiosi e non raramente armati di poca volontà. Quando si combattono battaglie come le loro, bisognerebbe essere in grado di fare fronte comune, altrimenti finisce che qualcuno ride, et impera, alle tue spalle.

(continua a leggere su L’Indipendenza)

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14 Ottobre 2012

L’Indipendenza delle regioni del Nord Italia e’ possibile? Ragioni, Passi operativi, Strategie e Scenari.

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(Riporto qui lo spezzone principale di un articolo di Gpg Imperatrice apparso su Rischio Calcolato)

3 – Quali sono i passi per raggiungere l’Indipendenza?

Anche qui se non si ha una precisa strategia, non si va da nessuna parte. Anche qui semplifico.

I passi strategici necessari ad ottenere l’indipendenza sono in sequenza:

a)      Identificare con precisione l’area su cui agire

Sembra un discorso banale, ma non lo e’ affatto. Se si estende troppo l’area cui agire, le probabilita’ di realizzare i passi successivi diminuiscono. In Catalonia, nelle Fiandre ed in Scozia tali aree coincidono con i territori a maggioranza di popolazione locale. In Italia la Lega ha esteso l’obiettivo alla cosidetta “Padania”, che va da Bolzano a Terni, in cui convivono realta’ non del tutto omogenee. A mio modo di vedere l’obiettivo dovrebbe essere circoscritto a 2 regioni: Lombardia e Veneto; l’indipendenza di queste regioni, con sequenzialmente farebbe crollare la baracca e potrebbe consentire (successivamente) riaggregazioni.

b)      Avere una Crisi economica e simultaneamente  la maggioranza della popolazione a favore dell’Indipendenza

Le 2 cose sono legate. In crisi economica e declino ci siamo da oltre 20 anni, per la cronaca, anche se il peggio deve ancora arrivare. Una formazione indipendentista ha il dovere di spiegare e far capire alla popolazione, che in caso di indipendenza il tracollo economico e’ evitabile, e per far cio’ e’ fondamentale agire in modo concreto e sul territorio. Attualmente solo in Veneto pare vi sia una maggioranza di cittadini a favore dell’indipendenza (stima il 60%), mentre in Lombardia le stime sono sul 40-45%. Nel resto del Nord le percentuali sono inferiori. In Catalogna attualmente gli indipendentisti sono al 60 – 70%, e nelle Fiandre sopra al 50%.

c)       Avere il controllo delle istituzioni locali: un presidente di regione e la maggioranza del consiglio indipendentiste, che possano proclamare un referendum

Senza tale condizione, non e’ possibile la proclamazione di un referendum consultivo (illegale). Attualmente in Veneto c’e’ un Presidente teoricamente indipendentista, ma non un consiglio. In Lombardia ne’ l’uno ne’ altro. In Catalogna tale condizione il 25 Novembre sara’ esaudita.

d)      Avere una controparte al “Centro” particolarmente impopolare

Se il governo e le istituzioni centrali sono “forti, legittimate, efficienti e popolari” stroncherebbe le azioni di cui sopra in un batter d’occhio, facendosi scudo tra l’altro delle leggi e del supporto popolare.

In Belgio e Spagna, ultimamente i governi e le istituzioni centrali hanno perso qualche colpo, ma restano tutt’altro che innocui, e sono in grado di avere alleanze precise (Unione Europea, USA). In Italia i governi e le istituzioni fanno a gare da 3-4 decenni per essere piu’ impopolari, inette e screditate. Paradossalmente, su questo tema, le regioni del Nord Italia, sono avvantaggiate.

e)      Avere una polizia locale e simultaneamente una minoranza della popolazione disponibile a “lottare” contro forze repressive

Capiamoci: se le condizioni a), b), c), d) fossero soddisfatte cosa accadrebbe? Semplice, in mezzo al caos informativo ed istituzionale, si muoverebbe la Magistratura, che manderebbe la polizia nel Consiglio Regionale ad arrestare Presidente e Consiglio di Regione, l’indomani della convocazione dell’illegale referendum. Se non ci fosse una polizia locale o una milizia popolare a difesa di quelle istituzioni, la cosa finirebbe sul nascere. A quel punto allo Stato non resterebbe che mandare l’esercito, cosa che non sarebbe de facto praticabile in presenza di una milizia o di parte della popolazione disponibile a “lottare” contro forze repressive; in tal caso le immagini farebbero il giro del mondo e lo Stato di screditerebbe.

A quel punto, svolto il referendum il gioco e’ fatto. Si proclamerebbe l’indipendenza. Le problematiche di restare in Europa, nell’ONU, o quant’altro, l’indomani dello svolgimento di un referendum e della proclamazione dell’indipendenza svanirebbero. Se cio’ avvenisse per la Lombardia o per il Veneto, ritengo inevitabile un’immediata disgregazione dell’Italia, visto che ogni regione proclamerebbe l’indipendenza, visto che la permanenza in una nazione priva di ogni solidita’ finanziaria non avrebbe senso alcuno. E’ proprio questo “il problema” per Catalonia e Fiandre, ed ancor piu’ per Lombardia o Veneto (il problema non si pone in Scozia, visto che in quel caso, l’Inghilterra non ha troppo interesse a mantenere negli UK una regione sussidiata, e quindi non interverrebbe). Il punto e’ che in tutte queste regioni, la popolazione potrebbe essere spinta a partecipare ad una manifestazione pro-indipendenza, ma verosimilmente non e’ ancora incattivita a sufficienza per partecipare a qualcosa di piu’. […]

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