Dolomites. Una famiglia di segat di Davestra (1864-2009) [estratto]

copertina libro Dolomites, a cura di P.C. Begotti e E. Majoni

DOLOMITES
a cura di P. C. Begotti e E. Majoni
LXXXVI Congresso della Società Filologica Friulana – Pieve di Cadore 20.IX.2009
Società Filologica Friulana, Udine 2009
F.to 21×23 cm – 638 pp.

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Il contributo, realizzato insieme agli amici Roberto Tabacchi e Remo David, è la sintesi dei vividi ricordi di quest’ultimo riguardanti la vita dei segàt, con particolare riguardo alla storia della propria famiglia. Esso compone, insieme a tanti altri contributi, la prestigiosa pubblicazione Dolomites, edita dalla Società Filologica Friulana in occasione del suo 86° congresso, svoltosi a Pieve di Cadore il 20 settembre 2009, a 90 anni dalla sua costituzione.

Una famiglia di segàt di Davestra (1864-2009)(1)

Premessa

L’origine delle segherie idrauliche cadorine dislocate lungo l’asta del Piave è senz’altro antica e, come asseriva Monsignor Ciani nel suo “Storia del popolo cadorino”, si può ipotizzare che i primi mulini da sega o “segatòi” risalissero circa al nono secolo dopo Cristo. Fu però durante il dominio della Repubblica Veneta che venne ideata e realizzata in Cadore, nel 1600 circa, la prima sega denominata “alla veneziana” destinata a stravolgere le tecniche di segagione dell’epoca e a segnare una lunga fase di efficienza e produttività, durata fino al ventesimo secolo. Verso la metà dell’Ottocento il lavoro nelle segherie sulla Piave era ancora molto fiorente, tant’è che tra Rivalgo e Termine se ne contavano ben 30 (sei a Rivalgo, quattordici nel complesso industriale di Candidopoli, ad Ospitale e dieci, le più vecchie, sulla sponda sinistra del fiume di fronte a Termine).

In quel periodo le seghe “alla veneziana” erano nel pieno del loro sviluppo tecnologico ed erano assurte ad esempio di efficienza e funzionalità anche oltre frontiera. Nel 1858, l’ispettore forestale austriaco Josef Wessley, introducendo un suo studio su queste macchine, così scriveva (Bonetti 2004: 44): “… il genio, cosa che qui si esplica in ogni attività, si rivela anche nella costruzione delle segherie … e faccio riferimento alle valli del Piave dato che questa zona può essere senza dubbio considerata l’accademia europea per il taglio delle assi …”. L’economia dei paesi cadorini faceva quindi capo ad una produzione di legname conosciuta ed apprezzata sia in Italia che all’estero ed il lavoro dei segàt (gli operai adibiti a segare le taie), accompagnato dai colpi ritmici e dallo stridio delle seghe, scandiva il trascorrere del tempo lungo il Canal de la Piave.

A tal proposito, va ricordato che in passato era molto usato l’adagio che recitava: Laris, pez e pin fei le spese al cadorin. Un’epoca che già è storia ma che rivive nei racconti dei meno giovani i quali hanno assaporato direttamente, fino alla prima metà del Novecento, l’atmosfera di un mondo e di una civiltà che hanno reso celebre il Cadore e l’operosità della sua gente. Remo David di Calalzo, il cui cognome tradisce però le chiare origini di Davestra, frazione di Ospitale, raggiunta l’età della quiescenza dopo una vita lavorativa dedicata alla produzione di occhiali, ha riaperto il suo cuore dove, mal celati ed intensi, sono riemersi i ricordi di adolescente nato e cresciuto in una famiglia di segàt. []

[leggi l’articolo con il contributo completo: Dolomites. Una famiglia di segàt di Davestra (1864-2009)]